Io ritengo che con la tecnologia stiamo facendo esperimenti sulla nostra pelle da sempre, sperimentando cosa funziona e cosa no. Quando vi è una accelerazione, come in questo ventennio, si adotta forsennatamente tutto, inebriati e incuranti dell’uso, certi per un periodo degli effetti. Ci sembra tutto così innocuo che anche l’esposizione dei bambini è permessa, a metà appunto tra apertura a quello che crediamo giusto intrattenimento permettendoci di fare noi altro.
Tecnologia utile
Personalmente ritengo la tecnologia utile quando mi consente di rendere rapidi alcuni processi che prima richiedevano minuti e minuti (ad esempio questo articolo scritto in metropolitana mentre vado al lavoro), ma ho maturato il bisogno di riflettere dell’adozione di ogni nuova app o modalità di comunicazione, spesso in relazione al bisogno di mantenere la concentrazione o la modifica non voluta di abitudini su stimoli esterni (un esempio su tutti, le notifiche).
In questo senso, con la voglia di approfondire, ho letto questo libro che consiglio: L’ immaginario prigioniero. Come educare i nostri figli a un uso creativo e responsabile delle nuove tecnologie di Maria Rita Parsi, Tonino Cantelmi, Francesca Orlando. Il libro l’ho preso in prestito alla Biblioteca Chiesa Rossa, dove è appunto consultabile. MAPPA QUI
Seppur con qualche anno sulle spalle e con riferimento iniziale alla navigazione in internet da pc, il libro analizza gli effetti della tecnologia sulla psiche dei bambini e ragazzi in primis, ed in generale sugli essere umani. Analizzare criticamente gli strumenti che oggi ci sembrano imprescindibili (potremmo chiamarla dipendenza?) è quanto mai necessario per ragionare sulle scelte di tutti i giorni con l’obiettivo di una migliore qualità della vita, basata su scelte davvero consapevoli.
Tra le righe
…E la dove scienza e fantasia si fondono, si creano sovente attese eccessive o, all’opposto, paure ingiustificate, elementi che si ritrovano anche nelle valutazioni acritiche dell’uomo comune, il cui pensiero quotidiano spesso attribuisce alla tecnologia una certa valenza magica. É da questi suoi aspetti magici e prerazionali che derivano lo stupore miracolistico e le aspettative taumaturgiche che il mondo tecnologico suscita, insieme al suo forte carattere mitopoietico, secondo cui la rete ci renderebbe onnipotenti. Se, come s’è detto, la tecnologia e l’uomo sono legati in modo essenziale, non è giusto ritenere che l’una disumanizzi l’altro, ma è necessario ammettere l’esistenza di uno squilibrio tra le due forze. I problemi non deriverebbero tanto da uno scostamento progressivo da un’ipotetica natura umana, primordiale e genuina, che deve essere conservata e difesa a tutti i costi, quanto dall’accelerazione crescente dello sviluppo tecnologico che impedisce di assorbire in modo equilibrato – e quindi di metabolizzare – le innovazioni e le trasformazioni che esse provocano. Lo squilibrio si manifesta pertanto nei termini di un vero e proprio disadattamento. Le caratteristiche umane profonde, quelle emotive ed espressive in genere, cosi importanti per la sopravvivenza e lo sviluppo culturale della nostra specie, non spariscono di colpo solo perché la tecnologia ibrida il nostro corpo e la nostra mente con i suoi dispositivi.
Occorrerà certamente del tempo affinché i due elementi si fondano insieme per dar vita all’unita evolutiva del simbionte, senza fantasmi di rigetto. Per questo si tende spesso a costruire macchine “socievoli” con l’uomo, con l’intento di umanizzare la tecnologia al fine di minimizzare così il disagio. Di fronte a tale trasformazione culturale, epistemologica e, in alcuni casi, perfino fisiologica, l’umanità sembra voler rimanere ancorata ai vecchi sistemi di crescita, lenta e paziente come è l’indole biologica, secondo antiche ideologie conservatrìci. La rapidità del cambiamento, favorito principalmente dalla tecnologia dell’informazione, minaccia il nostro equi- librio biologico ed emotivo e lacera le componenti etiche ed estetiche tradizionali.
Occorre riflettere.
A ogni nuovo inizio, a ogni nuova scoperta si affiancano dubbi e timori che vanno ridimensionati parallelamente all’utilizzo che si fa del mezzo tecnologico nella vita quotidiana.