Alcuni giorni fa ho partecipato ad un osservatorio dedicato agli Internet of Things, ovvero l’Internet delle cose.
L’idea di base è che nei prossimi anni molti oggetti di uso comune (o meno) saranno in grado di essere connessi alla rete Internet, trasmettere delle informazioni rispetto all’ambiente che li circonda o all’uso che se ne fa, e sulla base di ciò fornire servizi dedicati.
Si tratta di innovazioni che stanno procedendo a passi rapidissimi, e nel giro di pochi anni è probabile che saranno parte della nostra vita, così come è accaduto per gli smartphone.
L’interconnessione di tutti questi oggetti e la correlazione delle informazioni che trasmetteranno cambieranno con buona probabilità tutti i paradigmi economici esistenti, e in particolare una frase mi ha colpito, ovvero con l’Internet of things si passerà “dalla cultura del possesso alla cultura dell’uso”.
Questa conclusione è legata al fatto che gli oggetti interconnessi saranno in grado di trasmettere dati sul loro utilizzo: molti beni che oggi sono acquistati da tutti, ma hanno un basso grado utilizzo, potrebbero essere forniti a “nolo” e fatti pagare per il solo periodo di utilizzo. Un esempio era quello del trapano, ma è già vero anche per le auto (ad esempio penso al Car Sharing a Milano), e si potrebbe estendere a molto altro ancora.
Certo, questa è una riflessione che ottimisticamente mette l’essere umano al centro e dove i servizi sono finalizzati a migliorare l’esistenza dell’uomo, a ridurne l’impatto sull’ambiente con la produzione di meno beni il cui utilizzo è ottimizzato, etc.
L’altra visione è che molti dei servizi legati all’Internet of things saranno magari gratuiti, perché la merce di scambio saranno le informazioni sull’utilizzo che ne faremo, dell’ambiente nel quali li utilizzeremo, e così via, alla stregua di molti servizi internet (facebook e google in primis) che oggi sono gratuiti, essendo la nostra vita “digitale” la vera merce di scambio.
Quel che è certo è che l’impatto sulle nostre vite, come le conosciamo adesso, sarà fortissimo.
Ho però in mente una cosa: se vorremo poter sempre scegliere davvero, dovremo avere la consapevolezza dell’influenza che tali strumenti esercitano su di noi. Aspettative da parte di chi ci “segue”, confronto con chi noi “seguiamo”, bisogno “eccessivo” di relazione con gli altri che genera invidia e frustrazione in una spirale senza fine, sono tutti elementi che dobbiamo conoscere. E appunto, nel fare le scelte, bisognerà (e già oggi bisogna) disporre di silenzio, nel quale poter operare in autonomia senza altre voci se non quelle della nostra esperienza, dei maestri e delle persone che ci amano in modo leale.
Origine foto: tratta dal sito Flickr di wilgengebroed