Ricordo di aver ricevuto Il figlio maschio – di Giuseppina Torregrossa – da mia sorella in occasione di qualche recente Natale.
Come spesso mi accade, i libri che ricevo finiscono sugli scaffali, in attesa del momento buono. Di fatto, un momento buono non esiste mai, perché sei sempre preso da qualcosa d’altro. I libri invece richiedono una buona predisposizione d’animo e tanta continuità.
Sarà che l’estate è quasi al termine e sono all’ingresso del periodo caldo che porterà dritti al Natale, ebbene ho deciso di iniziare questo libro, che in quanto voluminoso mi spaventava.
In realtà, fin da subito ho compreso che la stampa era con caratteri grandi e questo mi aiutava a riposare gli occhi. Inoltre, ciò aiutava a far scorrere velocemente le pagine. In circa una settimana o poco più ho terminato di leggere il libro.
Mia sorella mi aveva anticipato che si trattava della storia che ha portato all’apertura della libreria Cavallotto, che conosco bene, nella città di Catania, e che conta due punti vendita, in corso Sicilia e in Viale Jonio.
Certo non mi sarei aspettato di trovarmi all’inizio dello scorso secolo, che tutto partisse da così lontano, per arrivare ai giorni nostri, e questa è stata una bella sorpresa.
Anche la scrittura è molto interessante, con rimandi dialettali qua e là, ma nel contempo descrizioni non banali. E ancora di più, la bellezza delle tante figure femminili e maschili che animano le pagine e il racconto. C’è in mezzo ai decenni un figlio maschio che ricorre e inizia tutto, ma poi intervengono le donne, in tutte le loro incarnazioni, a proseguire e spesso a riprendere ciò che era andato in rovina o nell’oblio dei ricordi.
Lo ammetto, ho pensato, leggendo, che il linguaggio fosse molto femminile, una sorta di delicatezza, o meglio un punto di vista sempre dagli occhi di una lei. Ho molto apprezzato, però, questo stile di scrittura. Il femminile c’è dentro ogni maschile, in quantità diverse, benché poi fuori ne possa venire fuori, spesso per decisione e formazione, solo una parte. Alla fine dei conti, si tratta sempre di modi e tempi.
E poi molta carne e materia. Molto amore, spirituale, ma anche fisico. Tanta voglia di fare l’amore. Tanta voglia di umanità e famiglia. Rapporti difficili che talvolta si risolvono o che si fermano improvvisamente.
Nonostante sia un racconto fortemente romanzato, ho trovato il libro genuino. Un omaggio a una famiglia e alle sue discendenze, importanti in fondo per molti di noi che a Catania abbiamo vissuto, con appunto la libreria Cavallotto come punto di riferimento, una libreria tra le poche sempre presenti in città.
Non ho letto altri libri di Giuseppina Torregrossa, ma questo lo consiglio, sopratutto ai catanesi che si meritano delle belle storie di una città che di bellezza ne meriterebbe di più.