Ho scoperto Francesco Messina a Milano, da adulto, quando, per una iniziativa di carattere “teatrale”, mi sono ritrovato all’interno del museo a lui intitolato, dalle parti di Via Torino (via San Sisto 4/a per precisione), poco prima di arrivare alle colonne di San Lorenzo.
La cosa affascinante è che il museo Francesco Messina si trova all’interno della chiesa sconsacrata di San Sisto al Carrobbio, spazio luminoso e versatile, tant’è che nella mia visita era stato completamente trasformato in un ambiente boschivo, mediante l’impiego massiccio di foglie.
Tra le fronde, comparivano le opere in bronzo di Francesco Messina, cavalli, giovani, donne, e al piano di sopra anche ritratti di personaggi famosi.
Da quel che ho saputo dopo, la chiesa era alla fine degli anni 60 in condizioni di abbandono e degrado, in attesa di demolizione. Francesco Messina ne chiese al comune l’assegnazione in comodato a vita, in cambio del suo restauro, e ne fece il suo studio, e divenne alla morte un museo contenente parte delle sue opere.
Di per se, una storia semplice, ma che mi appare romantica e lontana dalla percezione che ho oggi dell’arte e del suo rapporto con le città e il territorio (mi viene in mente la Fiumara d’arte, ne riparlerò in un’altra occasione).
Questo rapporto mi rimanda alla mia città natia, che ospita anche lei un’opera di Francesco Messina.
Parlo dello “Stallone morente”, un cavallo reclino su un fianco con i genitali in mostra.
Ebbene, ricordo, quando ancora vivevo a Catania, che il cavallo in questione era stato alloggiato in piazza Vittorio Emanuele (ai catanesi meglio nota come Piazza Umberto), ma era oggetto continuo di scherno, a tal punto che una volta il cavallo fu trovato con un paio di mutande addosso, a nascondere le sue “vergogne”.
E sono certo che se chiedeste a un catanese che abbia almeno 30 anni se ricordano questo cavallo, molti lo rammenterebbero, insieme alle tante discussioni su spostarlo in un posto diverso, altrove, come se scottasse, o stessimo parlando di chissà quale obbrobrio.
Ad ogni modo, oggi il cavallo ha effettivamente un’altra collocazione, si trova in una rotonda al centro di piazza Galatea, alla fine di viale Jonio.
L’unica questione è che lì il nostro cavallo è al sicuro da sguardi indiscreti.
Per raggiungerlo e fotografarlo (la foto in alto), ho dovuto attraversare la piazza, stando attento a non farmi investire. Non ci sono infatti strisce pedonali per arrivare fin lì (o me le sarò perse io…)
Però il nostro c’è e resiste.
In una città colma di bellezza, che spesso si disprezza o peggio vive indifferente.
Ma la bellezza resiste e vive.
Se passate per Catania, andate a dare un omaggio al nostro.
Io conosco il cavallo in questione ed i sui spostamenti, essendo catanese e vivendo ancora nella mia città.
Ti ringrazio per il tuo persistente amore per Catania e la costanza che hai di mostrare spesso i sui problemi, direi con tratti poetici
un bacio
mamma e papà