Di notte all’ultimo

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La città di notte all’ultimo è vuota come un guscio d’uovo e rulla sotto i piedi con il suo pavet mentre le luci  si spingono timide negli angoli.
E ci si muove bene, a bordo di un taxi, veloci come libellule a sorvolare ampi quadrati di terra e cielo,  palazzi e giardini,  mentre la vita brulica intensa con un respiro appena smorzato.
Una volta sulla banchina ci si accorge che volentieri si prenderebbe un treno per Livorno o Genova o pazzamente per la Sicilia alla ricerca del viaggio o forse di una via familiare o del mare, sì ecco il mare con il suo scintillio e il suo parlare silenzioso, sommesso, interlocutore non sempre corrisposto da chi incurante cammina per la sua strada.
Il binario viene indicato aul tabellone e la destinazione richiama a sè, senza molti ripensamenti possibili.
Un gruppo numeroso,  una scuola in gita, invade lo spazio davanti ai treni.  Segno che la città sbadiglia, che la luce pulsa sotto le palpebre,  che il demone del tardi è alle porte.
C’è il tempo di un saluto, leggero, alla bellezza e all’amore che si accoccola ancora un po’ sotto le lenzuola.

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