Catania

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Io ho ben chiaro che quando torno, mi sento in un luogo familiare.

Catania è una città sfaccettata, piena, a voti troppu china.
C’è luce, abbaccinante a volte, e anche quando è nuvolo, ti confondi di quanti grigi ci sono. Sfumature nelle quali perdersi.

Sì perdersi, che qui il problema è la distrazione.


Guardi a destra e a manca, quanti palazzi meravigliosi, la città è piena di storia, chiese, aneddoti, e poi la montagna non appena alzi lo sguardo, e il mare, illustri personaggi vi hanno vissuto, eppure qui ci si distrae.

Ci si distrae senza un motivo preciso, semplicemente perchè si sta bene, ci si gode l’esistenza stessa, lo stare al mondo, il respirare, il connubbio dei sapori, e incosapevolmente del resto ci ni futtemu.

Non saprei dire davvero altro.
Forse l’abitudine a uniformarsi, a non trascinarsi troppo in alto, a non credere fino in fondo a quello che ci interessa veramente, alle passioni che potrebbero renderci felici.
Per essere felici, bisogna guardarsi dentro, e scorgere in solitudine ciò che siamo.

Qui da soli difficilmente si sta, abbiamo imparato a fare gruppo, a proteggerci. Ci siamo dati protezione, ma così rimanendo noi scoperti e impauriti di fronte al desiderio di avanzare con in mente ciò che davvero vogliamo fare della nostra esistenza su questa terra.

Non so, torno qui, e vorrei una sicilia amata per la sua bellezza.
La bellezza che è un tormento, che sentiamo di non meritare?
Forse l’esistenza è più semplice di così, più semplice del cemento che si mangia la città, vedo case arroccate ogni anno di più in luoghi dove c’era solo sciara.
Case per chi, che Catania si spopola?

Cammina per le vie strette,
senza innamorarsi di niente e di nessuno,
e legge i muri imbrattati di scritte incomprensibili.
Al calore che intorpidisce l’anima,
preferirebbe un freddo sottile.
Meno grigio, meno luce,
o solo meno carne?
Qui si vive di sensi,
quando troppo,
si può diventare pazzi.
Dice di sentirsi in questo o in quel modo,
dice di amare, di avvertire, si incazza,
incalza, se la prende.
Eppure non sente niente,
troppa carne, troppi sensi,
dice di sentire,
ma è solo una impressione,
una eco lontana,
rapi a ucca ppi pallari,
no mentri s’ammucca a vita comu n’arancinu.

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