L’avevo visti settimana scorsa, i lamponi, in un frutteto, vicino a dove prendiamo le verdure.
Mi avevano colpito, i lamponi, li avevo assaggiati, buoni, dolci.
Quest’anno non avevo raccolto fragole a sufficienza per farne marmellata, e poi non c’era stato comunque tempo, e insomma, mi era rimasto un po’ d’amaro in bocca.
Domenica siamo stati di nuovo lì e davvero, mi era rimasto questo desiderio. Mezzogiorno ormai avanzato e poco tempo, per poter prendere chissà che quantità. I lamponi li devi scoprire, scovare, come le melanzane si celano, e diversamente dalle melanzane, sono piccoli, per farne un mucchio, tempo ce ne vuole.
Alla fine sono circa mezzo chilo, sufficienti per togliermi il piacere. Aspetto dopo pranzo e seguo una delle tante ricette che si trovano su internet. Per virtù di condivisione, ho seguita questa. Una vale l’altra, ma alla fine, quando riesci a concentrarti segui la linea e vai avanti, con disciplina.
Fare la marmellata è tutto sommato semplice. E personalmente mi restituisce grandi soddisfazioni. Cucinare, sporcarmi le mani, toccare gli ingredienti, stare lì con loro è un rito, un viaggio, una sorta di catarsi. E’ una di quelle attività che l’uomo fa da sempre. Certo, ha affinato, ha compreso, sperimentato, l’ha resa una pratica scientifica. Rimane però una attività che ha a che vedere sempre con la manualità, con la possibilità di conservare e nutrirsi nel tempo. Cucinare ti appiccica addosso odori, ti brucia le dita, ti sporca, e nel cibo cucinato, in fondo c’è la tua unicità.
Ecco quindi la marmellata di lamponi. Due barattoli, da conservare, più una ciotolina, da mangiare già adesso.
Rosso brillante sulla lingua.