L’altra mattina ci stavamo preparando per uscire. Si trattava dell’ultima settimana prima dell’inizio della scuola e nostro figlio non aveva ancora terminato tutti i compiti assegnatigli per le vacanze. Cercavamo di farglieli fare nei momenti possibili, e quella mattina, prima di uscire, era uno di questi.
L’interazione era davvero stressante. Da parte sua poca voglia, la radio era accesa, noi rassettavamo e nel contempo, di quando in quando, lo correggevamo guardando un pezzetto alla volta l’esercizio in svolgimento.
Uscire di casa è stata per tutti una liberazione, in quel senso.
Nel viaggio per andare al lavoro mi sono soffermato a pensare a quanto era accaduto, quali erano gli elementi che avrebbero potuto meglio indirizzare lo svolgimento dei compiti, da parte di tutti.
Ebbene, ne ho individuati tre:
- luogo: nostro figlio svolgeva i compiti nel soggiorno, dove noi passavamo di continuo, con la radio accesa, e l’altra figlia che schiamazzava. Avremmo dovuto cercare di farlo stare nella sua stanza, dove l’esposizione a stimoli estranei potevano essere minimizzati (anche se non annullati). In soggiorno avremmo dovuto spegnere quanto meno la radio, e richiedere lo svolgimento dell’intero compito, rimandando ad altro momento la correzione, senza interruzioni da parte nostra. Se avessimo ritenuto che le condizioni non erano comunque accettabili, avremmo dovuto rimandare lo svolgimento dei compiti ad altro momento della giornata. Il luogo deve essere il migliore tra quelli a disposizione, e deve contenere gli elementi indispensabili allo svolgimento dell’attività richiesta, e nient’altro.
- concentrazione: svolgere una attività richiede attenzione e concentrazione. Se facciamo qualcosa (ad esempio studiare) e nel contempo cerchiamo di farne un’altra (ad esempio ascoltare musica), stiamo certi che in un qualche momento, in una delle due attività ci staremo perdendo qualcosa. Se abbiamo una attività da svolgere, il modo migliore per portarla a termine è dedicarsi solo a quella, dedicandole tutte le nostre energie e capacità di focalizzazione . Se leggiamo un libro e accanto abbiamo il telefono che continua a emettere musichette che segnalano messaggi provenienti dal nostro mondo “sociale”, difficilmente ci godremo il piacere di immaginare il flusso della storia, e ugualmente nel rispondere a questo o a quello, non porremo la giusta partecipazione a flusso comunicativo. Per nostro figlio, appunto, era necessario spegnere la radio, ascoltare quanti meno input possibili da parte nostra: anche se doveva ancora mettere le scarpe, lavare i denti, mettere a posto le pantofole e il pigiama prima di uscire, ebbene nel tempo che avremmo dovuto fargli dedicare ai compiti, null’altro doveva essergli ricordato, la sua missione doveva essere unica, per quei 10 minuti una sola attività da svolgere. Una cosa per volta, nel periodo di tempo assegnato.
- intenzione: non tutto ciò che dobbiamo portare a termine è divertente. Tante attività sono legate a obblighi scolastici, lavorativi, sociali, familiari. Certo, già la parola “obblighi” ci restituisce poca passione, ma il punto è che la crescita, il lavoro, la famiglia, e la convivenza in una comunità, richiedono tutte di adempiere a un insieme di regole e di percorsi, con alla base il rispetto reciproco. Tutte le nostre attività sono finalizzate a permetterci di realizzarci al meglio in qualità di essere umani. Ebbene, ogni azione da svolgere, divertente o meno, desiderata o meno, richiede non solo consapevolezza, ma soprattutto intenzione. L’errore da non commettere è quello di concentrarsi sul giudizio che diamo all’attività: può non piacere, ma se dobbiamo farla, il fatto che non ci piaccia, non ci aiuta a portarla a termine. Dobbiamo invece iniziare l’attività il prima possibile, e una volta iniziata cercare l’intenzione che l’attività porta con sé: stare dentro l’esperienza, guardarla nei suo dettagli, scorgerne le qualità, assecondarla, respirarne l’atmosfera, provare ad indossarla ed è normale all’inizio non sentirsi a proprio agio, è la prima volta di una situazione nuova, lì stare, in silenzio, anche senza muoversi, ma attivi, in percezione. Usare le nostre qualità, metterle in campo, testarle, migliorarle attraverso il tentativo, forse l’errore, e la verifica. Ogni momento della nostra vita è un prezioso istante in più che ci è concesso, ogni atto che portiamo avanti (per obbligo o scelta) dovrebbe essere il più completo possibile, perché si possa dire effettivamente esperienza. E se nostro figlio è affidato al compito, consapevolemente da solo (senza interferenze, non abbandonato), a potersi confrontare con il testo, avrà forse sconforto, all’inizio, ma dopo sarà un piacere poterlo osservare, concentrato, realmente dentro le pagine a cimentarsi, assorbito dal pensiero che potente si sviluppa.
Chiudo qui il ragionamento, e cerco su google immagini la parola “concentrazione”. Tra i risultati, c’è un disegno con la testa di un uomo aperta e un altro uomo piccolo sulla scala che grida “Hello Hello”. Rimanda ad un articolo pubblicato su Efficacemente, un sito di crescita personale che seguo. Dedicato appunto alla concentrazione.
Buona lettura.