Durante una prova di uno spettacolo teatrale con il nostro gruppo Lyra Teatro, avevo bisogno di cantare una canzone in dialetto siciliano ed è emersa appunto Vitti ‘na crozza.
Ricordavo appena le prime due strofe, il resto l’ho inventato di sana pianta, e sebbene nell’ambito del lavoro teatrale questo poteva andar bene, volevo soddisfare la mia curiosità sulla provenienza del testo. Ciò che ho scoperto ha del sorprendente.
Vitti ‘na crozza è, in primo luogo, una canzone recente.
Nasce come brano di una colonna sonora del film ‘Il cammino della speranza’ di Pietro Germi.
Fu incisa per la prima volta nel 1951 con il tenore Michelangelo Verso in qualità di cantante.
La canzone fu composta da Franco Li Causi, su richiesta di Germi di avere una canzone che fosse allegra, tragica, sentimentale.
Il testo è frutto di una poesia che un anziano minatore, Giuseppe Cibardo Bisaccia, recitò in presenza del regista e del compositore durante le riprese del film, in quel di Favara, vicino Agrigento.
A Germi il testo piacque e chiese a Li Causi di musicarlo.
La versione originale della canzone, quella cantata da Michelangelo Verso, non conteneva il ‘tralallallero’ che io ho sempre avuto nella memoria e che fa tanto folklore siciliano. Sembra sia stata aggiunta anni dopo per rendere il motivo ‘commerciale’, a partire dalla versione di Rosanna Fratello.
E poi c’è il testo, con questo dialogo apparentemente grottesco, con un teschio, na crozza, che parla da supra nu cannuni.
Ebbene, grazie a Sara Favarò, il mistero è stato svelato: u cannuni era anche il termine con il quale si indicava l’ingresso della miniera.
Il teschio è dunque quello di un minatore e parla del suo destino: morto nelle fauci della terra, senza che i suoi resti potranno mai essere ricomposti e aver la giusta sepoltura, neanche le campane a morto a riconoscergli il trapasso e paradossalmente l’intera sua esistenza.
La chiesa infatti vietava le onoranze funebri alle morti avvenute in determinate circostanze e tra queste rientravano i minatori morti in miniera.
dovremmo parlarne più spesso di canzoni siciliane
eh sì
dovremmo parlare più spesso in siciliano, ridere e amare in siciliano, piangere, vivere insomma
ma le infinite possibilità ci dirottano altrove, distraggono
dovremmo incunearci nell’arte di una cosa sola, perché divenga ragione di vita, intera